sabato 27 giugno 2015

Làc de Montesèl





Dopo aver chiuso il portone della scuola il vecchio maestro  era solito girovagare per i boschi fino a notte. Camminava assorto, con passi brevi e  rapidi, sospinto dall’incalzare del tramonto. Lasciate alle spalle le case di Valternigo, assopite nell’attesa della notte, si inoltrava nel viottolo che dopo gli ultimi vigneti, si inerpicava deciso. Nella valletta  il rio di  Fònt gorgogliava limpido tra  salti di tufo e file di salici. Dopo la salita, la vista si apriva sugli antichi pascoli, immersi nella luce calda del tramonto, raccolti in una nicchia protetta dalle pendici boscose.

In una radura custodita dai  giovani pini del Marìc riposava il Lac de Montesèl. Il plenilunio d’aprile sollevava, rimescolava le acque e la vita affiorava alla luce dal fondo melmoso,  risvegliandosi alla nuova stagione dopo il sonno immobile dell’inverno.

Il vecchio maestro  seduto sulla sponda rimaneva a lungo immerso nei suoi pensieri. Pensava ai salmerini che nuotavano nelle profondità del Lago di Lagorai, alle creste del Cimon de la Ròa e delle Làste de le Sute  dove era solito vagabondare in solitudine durante l’estate. Lassù il sole scioglieva i nevai e la prateria alpina si preparava alla sua ricca fioritura, seppur breve come la giovinezza. Pensava agli aguài ricchi di vita dove la vipera stesa al sole attendeva paziente la preda, alla costellazione del Cigno sospesa sul Castèl di Bombasèl nelle notti passate alla malga, alle leggende che popolavano i pascoli e con il buio  prendevano vita.

 Il Lac de Montesèl, piccolo lago, nella quiete dei boschi addolciva la nostalgia dei laghi e delle torbiere del Lagorai. Nutriva la medesima vita e rifletteva lo stesso universo, come una goccia d’acqua conosce l’immensità dell’oceano.  (2010)

***In questo breve racconto ho pensato al maestro Barbolini di Tesero, che nel dopoguerra è stato docente della scuola elementare a Verla. Studioso d'astronomia e scienze naturali.


giovedì 18 giugno 2015

Uno strano sogno



              
               Gli antichi credevano che i sogni dell’alba fossero i messaggeri di Zeus. Stamattina come al solito è arrivato il merlo a svegliarmi. Alla prima luce del giorno si è posato sulla grondaia e ha salutato la nascita del nuovo giorno. E’ sempre lo stesso che abita vicino a casa. Ha imparato per sua fortuna a  guardarsi dagli agguati improvvisi del mio gatto Poldo. Ormai conosco le sue abitudini e il suo canto singolare.

                Inizia  sempre con “Are you ready? Vi assicuro che sembra cantare davvero l’incipit di quel canto gospel. Poi per dieci minuti ininterrotti o forse più si esibisce  nel suo repertorio di gorgheggi da virtuoso della voce, del quale conosco  ormai passaggi e variazioni. Termina l’assolo  con il melisma gregoriano di un improbabile “Ite missa est” e poi se ne va.   
                   Sono completamente sveglio, ma ora tutto tace e attende come un fremito la ripresa della vita. In quel silenzio irreale, senza volerlo sono ripiombato in un sonno profondo, e ho viaggiato tra i meandri di un sogno. Un sogno vivido, di una logica stringente, con un susseguirsi di azioni così reali che  tuttora ricordo. Quel sogni che ti fanno esclamare: “ Che sogno incredibile!” Non voglio raccontare a chi legge le fasi salienti e concitate di quel sogno. Non era nemmeno un sogno  erotico. La cosa sorprendente è che quando mi sono svegliato  stavo per imbarcarmi sul nuovo traghetto dell’Avisio, in partenza al ponte di San Lazzaro di Lavis. Signori si parte! Prossima fermata Verla di Giovo.

                Guardavo senza particolare sorpresa l’Avisio simile ad un placido fiume che scorreva solenne verso la foce. Ma per fortuna era solo un sogno. L’Avisio lo preferisco irruente e selvaggio così com’è, come un ragazzo che deve ancora imparare tutto dalla vita.

*** il merlo è lo stesso che nomino in altri episodi di questo blog.