sabato 5 dicembre 2015

Finisterrae - Cammino Primitivo ( 20.10.2015)



         

             Appare Finisterrae! Curva sull'acqua in fondo alla lunga spiaggia di sabbia bianca. Un ultimo promontorio si protende poi come un dinosauro fin dentro l’Oceano. Là è la fine del Camino. Oggi l’Oceano sorprende con il blu turchese, appena increspato nonostante il forte vento che soffia impetuoso da nord est. Il  vento che  ieri gravido dell’umidità della Galizia, oggi asciutto come le lontane mesetas, ha accompagnato questi ultimi due giorni di cammino.  

            Gli antichi pellegrini si immergevano  nelle acque dell’oceano in un rito purificatore e poi raccoglievano una conchiglia quale prova del loro pellegrinaggio. Giunti ai confini del mondo, erano appena a metà del loro viaggio. Li attendeva ancora il lungo ritorno verso casa.

            Non ho lo spirito del pellegrino. Mi sento un viandante che annusa la terra da vicino. Ora però che cammino scalzo sulla battigia, dove da ere immutabili si rivoltano le onde, provo le sensazioni del pellegrino: profondo appagamento,  pace interiore, nostalgia di casa. L’acqua tiepida dell’Oceano nonostante l'ottobre inoltrato risana i piedi. Come la bottiglia di vino bianco, bevuta insieme ai compagni di viaggio, ha riscaldato il cuore.

            Dopo aver visitato la tomba di Santiago, ora sono giunto fino alla tomba del sole. Qui il sole ogni sera va a morire nell'Oceano in un bagno di sangue o inghiottito dalla rabbia dei marosi. Quale rito conclusivo del mio Cammino ho lanciato nelle acque i  bastoni di nocciolo che hanno accompagnato i miei passi
          Incombe l'immensità dell’Atlantico che con la curva dell’orizzonte pare cingere la terra con un confine invalicabile. Dimentico del viavai dei turisti, cerco di rievocare il mistero dell’ignoto che suscitava un tempo la fine delle terre conosciute. Dove il cielo si fonde nella lieve foschia dell’orizzonte, immagino l’acqua dell’Oceano precipitare, ribollire in un abisso nero e riprendere poi l’eterno ciclo.

            Come un ulisse qualsiasi giunto ai confini del mondo, vorrei poter evocare le anime delle persone care  che la tradizione vuole vagare inquiete di là dell'Oceano. Come vorrei riabbracciare mia madre, chiedere scusa per tutte le volte che l’ho contraddetta col disprezzo ignorante della giovinezza. Lei rispondeva sempre con un pacato mantra. “Ci vedremo, ci vedremo, ci vedremo..!”

            L'’abbraccerei  in silenzio, senza tante parole.  Come Ulisse tre volte cercherei di stringerla fra le braccia, ma tre volte abbraccerei un ombra fatta d’aria. Resterà il  rimpianto a rodere la punta del cuore e sarà come al solito troppo tardi. 

* si trova scritto Finisterra sia Finisterrae


Finisterrae e l'estremo promontorio

Con Diego il compagno del Cammino Primitivo

Da Finisterrae verso l'entroterra galiziano

Con Carlo
Una bottiglia di biancoa Finisterre

Finis...



sabato 14 novembre 2015

Los Canarios - Sul Cammino Primitivo (09.10.2015)






              C’era un gruppo di spagnoli delle Canarie. 

          Una volta a cena li ho sentiti cantare. Cantavano con quel timbro tipico del canto popolare spagnolo, voce tra petto e gola, senza sfumature, potente e ben  intonata, con dei secondi e dei bassi mai banali.

             Alcune volte  ho trascorso con loro la notte nello stesso albergue. Ho avuto modo così di ascoltare due tra i russatori più formidabili del Cammino. Uno piccoletto, tarchiato e azzimato si stendeva sulla branda ed era subito preda del suo russare forte e regolare come un metronomo. L’altro barbuto e robusto, un uomo di trent’anni mite e buono, era però un russatore che non aveva uguali.

           Mai dimenticherò la notte passata a Grandas de Salime. Arrivato stanco dopo la giornata di cammino, los Canarios erano già stesi lavati e profumati sulle cuccette basse. Sotto di me dormiva il Canario barbuto. Guardandolo da vicino negli ultimi preparativi prima del sonno, aveva il sembiante di uno dei Prigioni di Michelangelo.

            Fatico a prendere sonno lontano da casa. Rincorro sempre pensieri e connessioni strane e lontane. Non avevo ancora iniziato a scivolare verso l’oblio, che il mite Canario era già caduto in un profondo sonno. Iniziò con respiri irregolari e ansimanti, misti al gorgogliare della laringe. Poi il vibrare del palato si fece sempre più forte e rumoroso, inarrestabile. Nulla aveva di umano. 

             Non rimaneva che rassegnarsi. Dormire trenta secondi, svegliarsi, riassopirsi. Il microsonno è un esercizio al quale ci si abitua quando è necessario. Ogni tanto mi muovevo scuotendo il letto con l’intenzione di fargli cambiare posizione, ma senza risultati. Allora mi sono messo a seguire i pensieri. Guardavo il soffitto, pensavo a Michelangelo supino che dipingeva la volta della Cappella Sistina, con i colori che gli colavano sugli occhi. Oltre il soffitto immaginavo le stelle che ruotavano nel loro moto perpetuo. Allo stesso tempo seguivo un suono di violino che vorticava nel moto perpetuo di Paganini.

            Non so per quale misteriosa congiuntura. Forse fu il passaggio allo zenit di una stella misericordiosa. Con un ultimo grugnito di soddisfazione, i Canarios si tacquero all’improvviso e all’unisono. Ci fu  ancora qualcuno che si rigirò nel letto con un sospiro di abbandono e poi nella camerata cadde un silenzio profondo e incredibile.

            Mentre anch’io scivolavo poco a poco nel sonno ristoratore, potevo udire la notte che premeva contro i vetri con la sua quiete profonda e avvolgente. Cadevo in lente ruote di  cerchi concentrici  e percepivo distintamente le stelle scivolare in scie luminose verso un nuovo mattino. Mi rimaneva ancora uno scorcio di notte da assaporare e qualche brandello di sogno che liberasse i pensieri. (Grandas de Salime 09.10.2015)

martedì 10 novembre 2015

Via de los Hospitales - Sul Cammino Primitivo ( 08.10.2015)



                   Quando nel 829 si diffuse la notizia del miracoloso rinvenimento dei resti dell’apostolo Giacomo nel Campo della Stella, Alfonso II il casto, re delle Asturie, volle visitare la tomba del santo. Partito dai palazzi di Oviedo, attraversò valli , superò dorsali fino a giungere alla tomba di Santiago. Fu il primo pellegrinaggio della storia di Santiago e il percorso è detto Cammino Primitivo
                   Alcune tappe conservano inalterato il sapore di quegli antichi passaggi. La via de los Hospitales è forse la più bella. Passa accanto ai resti di numerose testimonianze. Antichi ostelli di rudimentale pietra, disseminati nei punti strategici lungo le dorsali.
                   A testimonianza della numerose presenze sul Cammino, gli Ospitaleri di Fonfaron e di Monte Furado, avevano l’obbligo al calare delle ombre di lanciare dei forti richiami per indirizzare i pellegrini sorpresi dalla notte sul sentiero.
                  Ora solo cumuli di pietra tra i pascoli di morbide dorsali e rada vegetazione. Intorno si respira il vento che, per chi vuole ascoltare, racconta i passaggi e la storia dei tanti viandanti che hanno percorso la via di Santiago. (Berducedo 08.10.2015)


Nota:
                Il Cammino Primitivo parte da Oviedo, attraversa le Asturie, al passo di el Acebo entra in Galizia, attraversa Fonsagrada e la bella città di Lugo. A Melide, dove è un rito mangiare "el pulpo" il Prmitivo confluisce nel Cammino Francese per le ultime due tappe.
Sono tredici tappe per complessivi km. 320-350. Raggiunta Santiago noi abbiamo proseguito  per Finisterrae, raggiunta in tre tappe.


L'alba della quinta tappa

Rita la ragazza ungherese

Il baio mi osserva e mi augura" Buen Camino!"


Sparpagliati lungo il sentiero

Diego.  Immersi nei propri pensieri

La sella verde e ventosa dove sorgeva l'hospital de Pradiella

I resti dell'Hospitale de Pradiella

Diego. Riprende la salita.

Alle spalle le Asturie

Verso il punto più elevato del Cammino Primitivo
Come per chiamata tutti riuniti a Fonfaraon

l'hospital de Fonfaraon

L'hospital de Fonfaraon

Laghetti

Diego il pellegrino

L'Altopiano prima di calare verso Montefurado

Il villaggio di Montefurado. Un tempo qui vivevano 76 persone. Ora un solo pastore.

Le dorsali percorse alla fine della discesa. Verso il fine tappa a Beducedo