Nelle case di un tempo, un vecchio giro
scala, reso lucido dai passaggi, abitato da diverse famiglie. Ogni rampa una
porta di appartamento, spesso aperta ai rumori e alla vita in comune coi vicini.
Si saliva si scendeva senza chiudere le porte. Spesso la cucina si affacciava
ad un pianerottolo, una rampa e si andava in camera da letto. A metà scala il cesso in comune: un buco che
cadeva diretto nella latrina.
Tonòn
magro segaligno saliva la scala sacramentando. La moglie tutta casa e chiesa
scendeva rispondendo alle bestemmie col segno
della croce, mormorando giaculatorie: “gesù,
maria santisima vardà giò! Accovacciato
sull’asse del cesso, socchiudendo la porta sgangherata Gino rispondeva “in
secula secolorum amen. E si faceva una risata.
Tonòn
ha bevuto e fumato tutta la vita. E lavorato come un negro (questo era il
paragone che si usava allora) Eppure ha vissuto fino a novanta anni. E tra un
sacranòn e una giaculatoria della moglie ha trovato la voglia di generare due,
forse tre figli. Negli ultimi anni il medico gli aveva proibito fumo e
alcolici. Che lui stranamente ubbidiente aveva prontamente abbandonato. Anche il
buon vino di uva schiava che teneva in una càneva fonda, cui si accedeva da una
ripida scala di legno. Forse dopo anni
di strapazzi le prime magagne lo avevano reso arrendevole. Le aveva prese come un’avvisaglia dell’ora
suprema che si avvicinava. La frescura di quella cantina però, quando picchiava
la canicola d’agosto la pensava spesso, senza sacramentare, visto che aveva
smesso anche quell’abitudine!
Da
qualche giorno nella cucina del Tonòn c’era un che di odor di fumo, come quando si
affumicano le lucaniche. Nel silenzio delle ore che precedono il sonno poi si
sentiva uno strano scricchiolio, come di tarli che rodono il legno. E quel
sentore di fumo sempre presente e inspiegabile! Finché una mattina verso le undici, quando la
polenta era cotta in tavola, cominciò a salire dal pavimento un filo di fumo, dove
la parete faceva angolo. Tonòn senza una parola si precipito nel “volt”, prese un piccone e una mazza e risali gli
scalini quattro a quattro. Prese a picconare il pavimento della cucina con
decisione, proprio dove il fumo si stava sprigionando sempre più denso.
Sacramentava tra un colpo e l’altro,
dati con la forza bruta con la quale spaccava i blocchi di porfido in cava. Aveva
subito compreso che il camino surriscaldato della cucina del Pio, che abitava di
sotto, aveva preso ad incendiare poco a
poco la trave in legno del solaio. Era indispensabile isolare subito il fuoco
prima che si propagasse.
Pio
al sentire quei colpi alzò la testa al soffitto con il boccone di polenta ferma
nella bocca aperta. Si alzo da tavola con calma, con gli occhi sempre fissi al
soffitto da cui si staccavano calcinacci sotto i fendenti. "Za…za
zanta madòna de dio" borbottava tra sè e sè. Al contrario di Tonòn
era un uomo flemmatico. Parlava lentamente, con una lieve balbuzie, intercalando
spesso il discorso, non con dei sacranòni come Tonòn, ma con un flebile za…za
zanta madòna de dio, giacché aveva la esse un po’ sibilante. Sempre con la sua
flemma aveva però trovato modo di fare una decina di figli. Entrambi, Pio
e Tonòn, come del resto la maggior parte
dei paesani erano galantuomini, subito pronti ad aiutarsi nel bisogno.
“Va
su a veder quel che combina el Tonòn!” lo invitò quella buona donna di sua
moglie. Pio con il boccone in bocca, a malincuore prese le scale e salì di
sopra. Era un uomo tranquillo che non avrebbe alzato la voce, men che meno per
litigare. Si affacciò alla porta dalla quale usciva un fitto sacramentare e
rumore sordo di colpi di piccone. In una
nuvola di fumo e polvere si intravvedeva
il Tonòn che picconava con forza senza interruzione. A forza di colpi, con un tonfo cupo si aprì un buco
nel pavimento attorno al trave che fumava. Un secchiata d’acqua per spegnere le
fiamme che a contatto con l’aria si erano sprigionate. Dal moncherino del trave si alzava ora un esile filo di fumo rancido.
Cessato
il pericolo, Tonòn si guardò intorno e vedendo il Pio silenzioso in disparte,
gli lancio un orribile porco, indicandogli col pugno il camino della suo focolare, che
per pura fortuna non aveva provocato un
incendio a tutta la casa.
Pio
si avvicinò piano piano e impugnando il mento con la mano destra guardò attraverso il foro la sua cucina di
sotto, dove era caduto un mucchio di calcinacci e acqua nera di caligine lungo
i muri. Un disastro! Vide la moglie che da sotto guardava in alto attraverso il buco perplessa.
In quel silenzio irreale, alzando le braccia avvilito Pio esclamò: “za..za zanta madòna
de dio! Giùst sbianchegià l’altro dì!
Ogni riferimento a persone reali è puramente casuale
* Giùst sbianchegià: appena dipinto i muri. Ben più espressiva la forma dialettale