"Lascia che il Cammino
ti parli”, dice il vecchio Alberto, mentre con ago e filo mi buca
delicatamente le vesciche sul piede. Alberto sta percorrendo per la terza volta il Cammino
di Santiago. Nutre nel cuore l’accorata speranza che il figlio si risvegli dal
coma profondo in cui giace dopo un incidente in moto.
Son giunto stasera a Nàjera, nella Rioja spagnola, sotto un
sole cocente, demoralizzato e stanco. Tanti chilometri di Cammino, con un
dolore sordo al collo del piede sempre più
preoccupante e tormentoso. Alberto mi rincuora: “La tendinite è una
sofferenza diffusa tra molti viandanti. Passerà!”. Ho camminato tutto il giorno zoppicando un po', quasi per attenuare il dolore al piede sofferente. L’altro piede si è ribellato allo sforzo supplementare
ed è fiorito di vesciche. Le vesciche tanto temute, dalle quali pensavo con la
mia presunzione di uomo di montagna, di essere immune. Alberto mi conforta e
irride le mie vesciche. Indica accanto a me una ragazza che sorride e asciuga al
sole i piedi martoriati in via di
guarigione. Non v’è merito senza sofferenza. La mente a volte è la più
fragile nell’interpretare le difficoltà del Cammino.
Alberto guarda il cielo che si fa scuro, indica una striscia di chiarore lattescente
trapuntata da miriadi di stelle: la Via Lattea, la strada misteriosa del cielo.
Secondo la leggenda mostra al pellegrino la via verso Santiago de Compostela.
Dall’oriente fino all’estremo occidente, dove un tempo l’Oceano Atlantico
segnava il confine delle terre conosciute.
“Lascia che il Cammino ti parli” mi ripete Alberto. Lui è
stato operato al cuore. Cammina da solo
verso Santiago con l’umiltà del profugo, sulle spalle una zaino di dieci
chilogrammi . “Lascia che il Cammino ti parli e tu devi parlare al
Cammino.” “Devi interrogare il Cammino e
avrai tante risposte.”
Son partito dalla Francia, salendo le verdi ondulazioni dei
Pirenei, assolate, profumate di pascoli. Campanacci di mucche, greggi di pecore
sdraiate al sole sfavillante, rintocchi di campanili da valli lontane. Valicato
il confine di Francia, come tradizione ho assaporato l’acqua della fonte di
Roland contendendola ai cavalli liberi al pascolo. La suggestione delle gesta
del paladino di re Carlo era al mio fianco nell’ombra dei faggi. Le foglie
secche che frusciavano sotto i piedi evocavano echi di battaglie, cozzare di
scudi e di spade. Il suono dell’olifante di Roland morente vagava lamentoso nel vento della sera come
un’invocazione disperata. Dal Col de Lepoeder ho contemplato la Spagna,
le infinite catene di monti e valli che mi separavano da Santiago de
Compostela. Se solo ci pensavo un momento la sentivo così
lontana! Settecentonovanta chilometri di
sentieri, valli, montagne, paesi e
città. Sole, vento e pioggia mi attendevano. Caldo, freddo e dolore ai piedi. Mi dava forza
la consapevolezza che migliaia di pellegrini già mi avevano preceduto. Dove sei
passato tu, antico viandante, potrò
passare anch’io con le mie povere forze.
In fondo alla valle tra
fitti boschi ho avvistato i tetti dell’abazia di Roncisvalle. Là mi
attendeva la prima notte di riposo, nella camerata di variegata umanità che
sogna i suoi sogni, dorme rumorosa e si lamenta nel sonno. Le mie notti fuori
casa sono di sonno evanescente come nebbia. Frammenti di sogni alla ricerca di
un luogo dove chinare il capo per un sonno ristoratore. L’alba finalmente, tanto attesa, l’ora di
preparare lo zaino per ripartire.
Questi primi giorni ho
tanta forza dentro da consumare, da centellinare come rosolio corroborante. Altre notti di sonno lieve, si
accumuleranno giorno dopo giorno ad
inasprire la fatica del continuo cammino.
Poi, per qualche misterioso
equilibrio interiore, il fisico stanco si aggrappa ogni tanto a una
notte di profondo sonno ristoratore. Al
mattino il risveglio è lo stupore del bambino che guarda il mondo per la prima
volta.
Solo chi intraprende il Camino può incantarsi davanti al
primo squarcio di azzurro tra le nubi e guardarlo come un dono prezioso del
cielo. Stamani mi ero incamminato maltrattato
da una pioggia più intensa di ieri, sferzato dal vento. Poi sospirato il primo
baleno d’azzurro. Una benedetta brezza da nord spinge le nubi ai confini del
cielo. Nel Cammino basta un brandello di
sereno che annuncia il ritorno del bel tempo per donare la felicità. Benedico
il sole che asciuga i piedi fradici e scalda le spalle.
Rossi papaveri, giallo di colza, azzurro di fiordalisi,
bianco di margherite, onde di verde avena, biondo grano mosso da lieve vento.
Davanti una strada bianca e tortuosa, quasi infinita. Le allodole felici
intessono lodi al mattino che nasce. Camminare nella solitudine delle Mesetas mentre il sole alle spalle accende i colori e allunga l’ombra davanti ai
tuoi passi è di una bellezza struggente.
Vivo la suggestione che la mia compagna cammini silenziosa vicino a
me, qualche passo davanti i miei figli
guardano stupiti queste lande antiche,
immutate da secoli. Seppur lontani sono
certo che vivono coi i miei occhi questo attimo immutabile di un altro giorno
che nasce. La via Lattea, il Cammino tra le stelle, si spegne e svanisce. Il
sole sorge alle spalle e camminerà nel
cielo verso l’occidente dove mi attende Santiago.
Ho perso di vista il saggio
Alberto dietro una curva del sentiero. Spesso lo penso, lo vedo avanzare
curvo, sotto lo zaino pesante, la sua fiducia incrollabile. Alberto rappresenta
l’essenza del mio Cammino verso Santiago. Grazie a lui ho imparato ad ascoltare,
a parlare al Cammino, come si colloquia confidenzialmente con un amico
sincero. Non mi sento più un larice sdegnoso
che stilla dalla scorza dura qualche risicata goccia di resina. Cerco di
dominare questa sensibilità troppo acuta prima che divenga fragilità emotiva. Nel Cammino non cerco né Dio, né me stesso,
ma passo dopo passo ripulisco il cuore dalle incrostazioni di ruggine che gli
anni hanno accumulato.
Molti giorni di Cammino verso Santiago. Molte tappe ho messo alle spalle, pagine di
diario annotate sul lettino delle
camerate, tra viandanti stanchi, impazienti di riprendere il cammino. Il dolore al piede si
va attenuando, le vesciche sono rimarginate, le gambe si muovono irrequiete. Ieri
ho superato il temuto O’ Cebrèiro e
dall’alto ho guardato la Galizia ventosa. Colline verdi si perdono lontano, valli dove
ristagna la nebbia mattutina. La terra antica di Santiago. Muovo i passi tra boschi di castagni e querce secolari che hanno accolto
generazioni di pellegrini. Sento profumi lontani, l’odore dell’Oceano mi guida negli ultimi passi.
Guardo la
cattedrale di Santiago, di pietra consunta dal tempo, plasmata da pioggia e vento,
dalla storia di milioni di
pellegrini. Tante sfumature d’ocra
striate dal nero delle intemperie, licheni rossi, arbusti nelle fessure della
cella campanaria. Austera come i rintocchi gravi della campana maggiore,
ancestrale come il rituale del Cammino. Guardo con la profonda quiete interiore
di chi ha concluso il viaggio, le nubi che trascorrono
sullo sfondo delle torri. Mi vengono incontro i
secoli passati, tutti i viandanti che mi
hanno preceduto nel viaggio sono al mio fianco.
“Devi
interrogare il Cammino e avrai tante risposte”. Per tre giorni, davanti
alla Cattedrale ho atteso di riabbracciare
il vecchio Alberto. Non l’ho più rivisto. Forse cammina assorto sulla scia luminosa della
Via Lattea verso Santiago.
I Pirenei: 1^ tappa |
Verso Los ARCOS. Torna il sole |
Le Mesetas al mattino |
La meseta prima di Terradillos |
La Galizia dall'alto di O' Cebreiro |
Riporto alcuni commenti
Carmelo Serafin: Il musicista che a volte Nascondi..,ti obbliga ad esprimerti come se quello che racconti oltre che Pelle dei giorni ...fosse la Colonna sonora che da vigore al senso del tuo Vagare per cercare i Poli del tuo Mondo interiore.Alla ricerca di una risposta che il vento Cambia a seconda di chi diventa il tuo specchio...che altro non è che la disponibilità ad accoglire il nostro Prossimo. Come E'!
· Veronica de
Giovanelli. Molto bello Andrea! Non so se hai letto "anatomia
dell'irrequietezza" di Bruce chatwin, penso possa piacerti. Inoltre "
la tendinite è una sofferenza molto diffusa fra o viandanti" mi solleva un
po ' dal male al tendine del ginocchio che ho
· Filomena Ciaurro mi sono commossa...grazie !..*
· Bruno Rossi Bravo Andrea, bello e rimembrante.
Grazie!
· Bruno Rossi Letto un'altra volta. Hai risvegliato
in me sensazioni che avevo dimenticato. Ciao 'Drea
· Gabriella Andreoli wow! che bravo! bellissime le sensazioni
che sei riuscito a farmi rievocare ...appproposito! le mie tendiniti stanno
migliorando, finalmente!!!
· Lucia Brugnara ...io diffido sempre dei premi e
questa è l'ennesima prova che i libri o i racconti "snobbati "dalle
"cosiddette giurie" sono in assoluto i migliori !!!!! Il tuo racconto
è bellissimo e capace di portare il lettore "li sul posto" per
rivivere le emozioni del narratore!.... bravo Andrea!
· Diaolin
Giuliano Natali Molto bello, veramente interessante e vedo con
piacere che cominci a togliere dai cassetti le tue cose
· Enzo Giuseppe Cecchi si bravo Andrea. mi piace
molto molto. ciao buona giornata
· Sergio Dallaporta Bravo Andrea!Belli,come sempre,
i tuoi scritti.
· Diaolin
Giuliano Natali Ho riletto molto attentamente...una sensazione molto
profonda
· Claudio Gottardi una posa di nudo, di cuore nudo
! brao!
· Luisa
Telch In questo breve racconto(sunto di un mese di cammino) hai
saputo trasmettere attesa,sofferenza e gioia in modo estremamente reale,
leggendo si soffre e si gioisce con te,bravo Andrea
· Massimo
Pisetta Bellissimo, poetico e suggestivo!! ...L'unica cosa che mi
permetto di suggerirti è di cambiare il carattere ...ho faticato a leggere
...monade, sat?!
· Diaolin
Giuliano Natali In Facebook non si può cambiare il carattere! O
intendevi il "carattere" del Brugnara ???
Massimo
Pisetta No, el Brugnara el me pias così come che l'