C’era un
gruppo di spagnoli delle Canarie.
Una volta a cena li ho sentiti cantare. Cantavano con
quel timbro tipico del canto popolare spagnolo, voce tra petto e
gola, senza sfumature,
potente e ben intonata, con dei secondi
e dei bassi mai banali.
Alcune volte ho trascorso con loro la notte nello
stesso albergue. Ho avuto modo così di ascoltare due tra i russatori più formidabili
del Cammino. Uno piccoletto, tarchiato e azzimato si stendeva sulla branda ed era
subito preda del suo russare forte e regolare come un metronomo. L’altro barbuto e robusto, un uomo di trent’anni mite e buono, era però un russatore che non aveva uguali.
Mai
dimenticherò la notte passata a Grandas de Salime. Arrivato stanco dopo la giornata di cammino, los Canarios erano già stesi lavati e profumati sulle cuccette
basse. Sotto di me dormiva il Canario barbuto. Guardandolo da vicino negli ultimi preparativi prima del sonno, aveva il
sembiante di uno dei Prigioni di Michelangelo.
Fatico a prendere sonno lontano da casa. Rincorro sempre pensieri e connessioni strane e lontane. Non avevo
ancora iniziato a scivolare verso l’oblio, che il mite Canario era già caduto
in un profondo sonno. Iniziò con respiri
irregolari e ansimanti, misti al gorgogliare della laringe. Poi il
vibrare del palato si fece sempre più forte e rumoroso, inarrestabile. Nulla
aveva di umano.
Non rimaneva che rassegnarsi. Dormire trenta
secondi, svegliarsi, riassopirsi. Il microsonno è un esercizio al quale ci si
abitua quando è necessario. Ogni tanto mi muovevo scuotendo il letto con l’intenzione
di fargli cambiare posizione, ma senza risultati. Allora mi sono messo a seguire i pensieri. Guardavo il soffitto, pensavo a Michelangelo supino
che dipingeva la volta della Cappella Sistina, con i colori
che gli colavano sugli occhi. Oltre il soffitto immaginavo le stelle che
ruotavano nel loro moto perpetuo. Allo stesso tempo seguivo un suono di violino che vorticava nel moto perpetuo di Paganini.
Non so per quale misteriosa congiuntura. Forse fu il passaggio allo zenit di una stella misericordiosa. Con un
ultimo grugnito di soddisfazione, i Canarios si tacquero all’improvviso e all’unisono. Ci fu ancora
qualcuno che si rigirò nel letto con un sospiro di abbandono e poi nella
camerata cadde un silenzio profondo e incredibile.
Mentre anch’io scivolavo poco a poco nel sonno
ristoratore, potevo udire la notte che premeva contro i vetri con la sua quiete
profonda e avvolgente. Cadevo in lente ruote di cerchi concentrici e percepivo
distintamente le stelle scivolare in scie luminose verso un nuovo
mattino. Mi rimaneva ancora uno scorcio di notte da assaporare e qualche
brandello di sogno che liberasse i pensieri. (Grandas de Salime 09.10.2015)
Spettacolo di un sogno divina notte d'estate
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