Stanotte ho sentito il canto di Filomela. Stava sospeso
sull’aria simile ad un irrefrenabile
singhiozzo di pianto, prima di frantumarsi in una cascata di trilli come in un capriccio di
Paganini. Il bosco odoroso di pioggia
rendeva il canto melanconico, denso di echi come amplificato da una polla
d’acqua.
Povera
la bella Filomela che Tireo, il prepotente re di Tracia, prese con la violenza.
E perché non fosse in grado di rivelare il suo misfatto alla sorella Progne,
che sedeva con lui sul trono quale
regina e sposa, le mozzò la lingua. Ma Filomela umiliata, pur privata della
parola riuscì a comunicare alla sorella la sopraffazione subita disegnandola
su una tela. Ancora più orrenda
fu la vendetta di Progne. Imbandì sulla tavola del re suo marito le carni del
loro figlio primogenito.
Forse gli dei dell’Olimpo erano lontani dalla
Tracia boscosa, in quei giorni atroci. In un gioco sornione e beffardo gli dei da
sempre si divertono con gli umani giocando con la loro vita, infliggendo a
volte punizioni esemplari. Ma Zeus quella
volta non scagliò i suoi fulmini ed ebbe pietà per quella tragedia. Trasformò Tireo nell‘upupa e la regina Progne,
sua consorte nella rondine che lancia le sue grida nei tramonti primaverili.
Filomela
invece si nasconde discreta tra i cespugli fitti ai margini del bosco, ma si
odono i suoi singhiozzi. Stanotte mentre penso alla sua storia l’ascolto dispiegare
il canto con la voce melodiosa dell’ usignolo. Nella notte di primavera, col gorgheggio
forte e armonioso cerca il compagno per un
nuovo nido d’amore. Talmente vasto il suo repertorio e le strofe che interpreta,
che nemmeno Beethoven, maestro delle variazioni sul tema riuscirebbe a imitarlo.( 5 maggio 2015)
Nessun commento:
Posta un commento