domenica 5 luglio 2015

Filomela



            Stanotte ho sentito il canto di Filomela. Stava sospeso sull’aria  simile ad un irrefrenabile singhiozzo di pianto, prima di frantumarsi in una  cascata di trilli come in un capriccio di Paganini. Il bosco  odoroso di pioggia rendeva il canto melanconico, denso di echi come amplificato da una polla d’acqua.  

            Povera la bella Filomela che Tireo, il prepotente re di Tracia, prese con la violenza. E perché non fosse in grado di rivelare il suo misfatto alla sorella Progne, che sedeva con lui  sul trono quale regina e sposa, le mozzò la lingua. Ma Filomela umiliata, pur privata della parola riuscì a comunicare alla sorella la sopraffazione subita disegnandola su  una tela. Ancora più orrenda fu la  vendetta di Progne. Imbandì  sulla tavola del re suo marito le carni del loro figlio primogenito.

            Forse  gli dei dell’Olimpo erano lontani dalla Tracia boscosa, in quei giorni atroci. In un gioco sornione e beffardo gli dei da sempre si divertono con gli umani giocando con la loro vita, infliggendo a volte punizioni esemplari.  Ma Zeus quella volta non scagliò i suoi fulmini ed ebbe  pietà per quella tragedia.  Trasformò Tireo nell‘upupa e la regina Progne, sua consorte  nella rondine  che lancia le sue grida nei tramonti primaverili.

            Filomela invece si nasconde discreta tra i cespugli fitti ai margini del bosco, ma si odono i suoi singhiozzi. Stanotte mentre penso alla sua storia l’ascolto dispiegare il canto con la voce melodiosa dell’ usignolo. Nella notte di primavera, col gorgheggio forte e armonioso cerca il  compagno per un nuovo nido d’amore. Talmente vasto il suo repertorio e le strofe che interpreta, che nemmeno Beethoven, maestro delle variazioni sul tema riuscirebbe a imitarlo.( 5 maggio 2015)

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