E così si sposarono, i nomi
li taccio, un sabato di ormai tanti anni fa, benedetti dal frate. Un frate
prestato dal Convento che giungeva in paese solo per la messa della domenica e
le ricorrenze speciali.
II paese, un piccolo paese della
bassa val di Cembra, che trascorreva la vita con lo stesso ritmo lento ispirato
dal suo nome. Nei capannelli nel dopo cena nella piazzetta si metteva in dubbio
anche lo sbarco degli americani sulla Luna: “Veh! che i ne conta
bàle.”
Passò qualche settimana e
la novella sposa dopo la messa domenicale, facendosi coraggio, si confidò con
il frate: suo marito ancora non l’aveva… e cercava di spiegarsi con rossori di
imbarazzo. “Beata vergine!Stai tranquilla. Gli parlo io” promise il frate.
Alla prima occasione prese
l’uomo in disparte e, con la massima delicatezza possibile ma anche con la
dovuta fermezza, gli dette le opportune istruzioni: con la propria moglie, nel
matrimonio benedetto da Dio bisogna fare così e poi cosà. Anzi si deve!
Altrimenti non si generano figli. Deus vult!
Dopo qualche giorno nel capannello del dopo cena, con una nuova
soddisfazione disegnata sulla faccia miope , come gallo impettito l’uomo si
confidava con i paesani “ oscia! che bèl che l’è! Saverlo prima! L’è propi
bèl!"
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