martedì 19 maggio 2015

L'Alieno



          E’ stato nel bosco ricco delle nuove linfe della primavera che ho sentito per la prima volta quel suono misterioso. “Botbot…botbotbot…” Un suono metallico che mi ha fatto fermare ad ascoltare sorpreso. “Botbot… botbotbot.” Nel silenzio del bosco che un cielo gravido di pioggia rendeva verde bottiglia, si ripeteva ad intervalli regolari, quasi inquietante.

            Da poco avevo visto il film "Predator" con Arnold Schwarzenegger e la suggestione di quel suono mi ha fatto immaginare che l’alieno del film, si materializzasse arborescente, dalle ramificazioni rivestite del nuovo verde dei faggi. Immobile, col fiato corto, appoggiato alle rughe di un vecchio faggio, dopo una lunga pausa l’ho risentito inaspettato,  molto vicino, alle spalle. Cautamente ho sporto la testa dal tronco e finalmente  ho visto l’alieno nella breve radura. Quale sorpesa e profonda emozione.  Un magico uccello dai colori sgargianti, con un pennacchio guerriero sulla testa becchettava sul terreno: “botbot… botbotbot… “

            Solo dopo esser tornato a casa mio padre sentenziò:” ma l’ era el Botbot”. E cosè il Botbot? L’upupa. Ah! L’upupa. Mai avevo visto l'upupa da vicino.

           Mi sono venuti a mente i versi dai Sepolcri di Ugo Foscolo,  poeta che nell’adolescenza  mi piaceva recitare  dando sfoggio delle mie frequentazioni poetiche: 

“e uscir del teschio ove fuggìa la luna
l’upupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerea campagna”

            Quando la declamavo immaginavo quest’immondo uccello notturno che si cibava di cadaveri. Anche il suono di quelle “u” ripetute nel nome, riproduceva l’onomatopea paurosa di un rapace notturno. Ora invece avevo vivida nella mente l'immagine di quell' incontro inaspettato, che mi aveva emozionato.  Avevo visto un uccello immaginifico vestito del colore del sole, con un pennacchio da re guerriero.

            Come sono ingannevoli a volte i poeti.

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