martedì 20 novembre 2018

La preghiera di mia madre


     Da bambini andare a letto era uno dei momenti più sofferti. Abbandonare i giochi e il tepore del focolare per cadere nel buio di sogni paurosi. Ricordo bene la camera fredda nelle eterne notti d’inverno. Un lumino rischiarava la penombra, appena sufficiente ad arginare il buio che premeva contro i vetri con le sue paure. 
     
     Ogni sera la mamma mi faceva inginocchiare, con le mani appoggiate sul pagliericcio di foglie di granturco del mio lettino, posto a fianco al suo letto di sposa. Si faceva il segno della croce e mi suggeriva la preghiera che mi accompagnava nell'arcano della notte, là dove il sonno a volte somiglia alla morte:
“Vado nel letto a na bòna ora
me racomando a Dio e ala Madre sòa
Signoredio vi ringrazio d’avermi creato,
fato cristiano e conservato in questo giorno.
Vi prego di concedermi anche una buona notte.
A mi, me papà, me mama, me noni, me zii, fradei, sorèle,
amici, memici,  a tuti i boni cristiani de questo mondo.
Pace e riposo ale anime sante del purgatorio
Rechia meterna………”
      Mi metteva poi a letto sussurrandomi all'orecchio: " mentre chiudi gli occhi prega il tuo Angelo custode". Mentre anche lei si coricava, sotto le coperte la udivo mormorare con un moto di intima soddisfazione: “ Oddio che bel!”. Il letto era il premio agognato alla sua giornata di dura fatica. Con un sospiro la udivo mormorare tra se: "Gesù, Giuseppe, Maria vi dono il cuore e l'anima mia. Gesù, Giuseppe, Maria proteggetemi nell'ultima mia agonia."
     Tuttora, nelle notti di sottile inquietudine, quella preghiera affiora spontanea alle labbra come un mantra cui mi aggrappo come ad un relitto in un mare tempestoso. Mi ritrovo a recitarlo in cerca del sonno con un inconscio moto dell’animo, che la ragione non sa spiegare.

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