giovedì 10 ottobre 2013

Le vanegie




  Quando la gente della valle viveva solo di quello che dava la terra, le coltivazioni si distribuivano sul territorio con l’armonia suggerita da un’antica saggezza. Al digradare delle pendici boscose seguivano le schiarite dei pascoli, nutrimento per gli animali delle stalle, poi le  colture, scorta di cibo per gli uomini e solo nella parte bassa i vigneti che cercavano il calore del sole fin sulle terrazze del profondo Avisio. Un mosaico di colori nel susseguirsi delle stagioni. Le macchie di  bosco, le variegate piante da frutto davano colore  al paesaggio: ciliegi, peschi, albicocchi  pruni, noci, noccioli, peri, nespoli, cotogne, melograni, mele di varietà ormai scomparse. C’era un frutto dal sapore nostrano da cogliere ad ogni stagione. Legumi e cereali scorte di cibo quando la terra riposava. Soprattutto le patate, allontanavano la paura della fame durante l’attesa dei mesi invernali.

Quando era l’ora della raccolta, l’aratro a doppia lama apriva solchi come ferite nella terra. Se l’annata era stata favorevole, emergevano alla luce come per miracolo, le patate dalle forme e dalle fogge più svariate. Grandi, piccole, rotonde, ovali,  che riflettevano il colore scuro della terra. Alla fine rimanevano sul terreno arato i  sacchi ricolmi del raccolto. Sembravano dei totem propiziatori, ringraziamento alla terra aperta  che si era svenata per offrire quel dono prezioso per l’inverno.

Quelle patate avevano un bel colore bruno di terra. Con le loro strane forme,  raccontavano la fatica di nascere e crescere spingendo con forza nel terreno aspro, per crearsi una nicchia vitale. Quasi simbolo della vita oscura della gente di quel tempo,  tesa ad allargare con la forza della volontà la loro dura sopravvivenza.

Le patate oggi si comperano nei supermercati. Fanno dei lunghi viaggi sulle autostrade, per arrivare ad accontentare la smania di primizie. Hanno tutte una forma rigorosamente ovale, e sono di grandezza omogenea come fossero cresciute in gabbia come povere galline. Si sono evolute e specializzate: alcune sono da taglio, altre da minestra, altre già tagliate a spicchi pronte da friggere. Tutte così pulite, così asettiche, su di esse è cancellata ogni traccia di terra quasi a mascherare una vergognosa origine plebea.

Come se conservare il ricordo della propria nascita fosse una cosa da nascondere e dimenticare. Sembra la vecchia storia del contadino arricchito che vuol darsi arie da gran signore. Rinnega persino la madre, ormai troppo umile per il suo stato di nuovo ricco. Malgrado tutti gli sforzi resterà sempre e solo una povera patata.

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