giovedì 10 ottobre 2013

Mur



La strada, a tratti di soffice erba, si snoda ancora  carica dei suoi anni attraverso i campi di Mur, tra vecchi muri a secco di arenaria, siepi di nocciolo e cespugli di more, quasi immutata nel tempo. Ora però i meli, le vigne si sono spinti fin quassù a invadere una terra ch’era di pascolo e di coltivi.

Era cosi aperto e luminoso questo altopiano! Un mosaico di praterie e di terra nera delle vanegie*. Nutrimento per gli animali delle stalle, patate e legumi per gli uomini. Un antico patto ormai venuto meno.

In queste sere di fine ottobre, il sole pare galleggiare immobile sulle lontane foschie del sud-ovest, come sospeso su un eterno tramonto, quasi il giorno si sia  fermato e abbia un momento di esitazione, prima di cedere alla notte. “Sole, fermati su Gabaon, e tu luna sulla valle di Ajalon” esclamerebbe Giosuè nel furore della battaglia, per avere il tempo necessario a sterminare tutti i nemici in rotta.  Qui invece l’ultima lotta fra il giorno e la notte è un momento di grande quiete.
La Paganella sembra un transatlantico che naviga solenne verso la pianura con un pennacchio di nuvole striate. Dietro si stagliano come le mura di Gerico le Vedréte, con gli Sfulmini pietrificati, il Campanil de le Strìe  fantasma tra ombre e ultime luci radenti.

Nella luce incerta del crepuscolo si ha la sensazione di camminare su di uno sconfinato altopiano andino che si perde in lontananza, fino a confondersi con le ombre che salgono dalla valle.

Il crepuscolo è quel momento magico,  fugace ed effimero, in cui la luce diviene sempre più tenue, finché le ombre in agguato la divorano inesorabilmente.  Allora nel controluce pare quasi di intravedere dei fantasmi chini sulla terra, intenti alla raccolta delle patate su di un vasto altopiano, i loro movimenti lenti come in un rituale immobile nel passato.

* parte di campo o prato arato e coltivato



Il Brenta - Le Vedréte
Mùr
La Paganella

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