domenica 6 ottobre 2013

Mezalòn



Sulla Paganella si scorgono nugoli di sciatori. Scendono e risalgono sulle piste come formiche disperate dopo che l’orso ha sparpagliato il loro nido La neve scintilla sulle Vedréte. In questa limpida giornata d’inverno, con questa aria che già sembra aprirsi alla nuova stagione, avrei voglia essere lassù, nella luce della cresta di Cima Brenta, come già lo scorso settembre.

Invece dormono ancora gli alberi lungo le strade innevate che conducono alla Maderlina. Nell’ombra del bosco l’ultima neve intatta e soffice ricopre il ghiaccio e la neve di altre nevicate, indurite dal gelo. L’aria ancora fredda, non porta i profumi delle foreste che si stanno svegliando.

Oltrepassato il solco della val Boràda salgo sulla cima del Mezalòn, l’elevazione tra la val de le Radìs e la Cròcola. Difficile che qualcuno giunga quassù. I letti dei caprioli sembrano appena abbandonati. Il paesaggio appare aspro, tormentato. Innumerevoli vallette si perdono e ritrovano, tra dossi e pendii. Qualche declivio a prato, piccole radure, conche coperte di neve, pochi pianori, i prati di baita Gelàsi. Tante famiglie di piante a seconda dell’esposizione delle quinte delle vallette tormentate. Il solco della valle del Ri Sec si avvia misterioso e selvaggio dove sprofonda verso gli sbalzi  della Val d’Adige.

Alla Malga del Mont Alt tutto dorme ancora  in un silenzio riposante. Nella conca coperta di neve profonda nessuna traccia. 





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