domenica 6 ottobre 2013

Febbraio Febraròt



Chissà in quale stella antelucana, o in quale impercettibile variazione della luce solare ha letto i segni della nuova stagione.

E’ il nove febbraio, e al primo chiarore dell’alba, sotto una pioggia gelida e torrenziale il merlo maschio accorda il suo canto d’amore.

Incurante della pioggia e di questa recrudescenza d’inverno, tesse trame di gorgheggi melodiosi alla Primavera. Dapprima incerti, rochi quasi dovesse schiarire l’ugola, poi via via più raffinati e temerari, come ritrovasse la tecnica del canto, arrugginita dai mesi invernali. Qualche segreta stella ha risvegliato il suo amore. 

Febraròt en slambròt, lònc el dì come la nòt*. Febbraio pare un mese di passaggio pieno di contrasti. Giorni brevi eppur più lunghi, notti lunghe eppur più brevi. Giornate tepide, mattinate gelide. Venti freddi, cieli assolati e sognanti. Appena cessano i venti del nord si diffonde un tepore che sa di primavera. Ultimi giorni delle feste del carnevale e inizio della penitenza della quaresima. La mente  avrebbe un costante bisogno di digiunare guardando a l’essenza delle cose, per scrollarsi di dosso tutti gli orpelli di cui è  sovraccarica.

La primavera a febbraio sembra ancor lontana, eppure è già in viaggio. Ivia i messaggeri a recarne l’annuncio. Il merlo, come l’antico cantore dell’ora,  ha dato il segnale.

Adesso anche le cince sono indaffarate e si sente il loro richiamo ripetitivo dall’alto dei pini. Ritorneranno poi i migratori dai loro viaggi di vacanza nei paesi caldi. Il bosco sarà tutto un concerto di canti d’uccelli intenti al nido. Quando tutto sarà verde, alla fine giungerà da lontano anche il cuculo. Allora sarà veramente Primavera.

* Febbraio è come una brodaglia, lungo il giorno come la notte



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