Le
sere d’inverno in cucina vicino al focolare, il buio che premeva sui vetri, i gemiti del vento tra le travi del tetto,
gli spifferi freddi che facevano rabbrividire le tende delle vecchie finestre.
Le storie di animali selvatici, di masnadieri che assalivano i passanti, mi
facevano immaginare i boschi come luoghi scuri, densi di paura.
Così quando si andava nel bosco di Costa a far
legna, le tante storie ascoltate, raccontate mille volte, mi venivano incontro
sotto la volta misteriosa degli alberi. Però la luce del giorno fugava i
timori, sentivo la forza buona delle piante e la saggezza che ispiravano le
vecchie querce sedute ai margini delle radure.
Gli alberi mi sembravano tanti fratelli che
si tenevano per mano per farsi compagnia,
abbracciati per darsi forza contro il vento e la neve. La luce che
filtrava dai palchi dei rami o il respiro delle radure allontanavano il timore
di gnomi e streghe, di orsi e serpenti.
Ogni
tanto però, pensavo anche alla storia di Pollicino e alle briciole di pane
mangiate dagli uccelli. “Non si sa mai!”
Cercavo di non perdere mai di vista le
sagome di mamma e papà tra le fronde degli alberi e rimanevo sempre a portata
della loro voce rassicurante.
Da
bambino non ho mai avuto l’avventura di trovarmi davanti ad una vipera. Nell’età adulta ne ho
visto più d’una nei boschi o in montagna e sempre nei momenti più inaspettati.
Superato
il momento di spavento, ho potuto osservare la natura timida, schiva, quasi
impacciata di questo animale. “Basta non aver la sfortuna di calpestarla e
lei se ne va per la sua strada”. Così quando capita, dominata la paura, la
osservo con rispetto mentre si intrufola nei suoi misteriosi nascondigli.
e penso che la vita, in fondo, è anche un innocuo serpente che male non fa
RispondiEliminami fa piacere rileggerli
RispondiEliminaHai chiesto quanti anni aveva quella vipera? era giovane?
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