lunedì 7 ottobre 2013

Marìc



Nei suoi ultimi giorni Gennaio mostra i denti in un ghigno feroce. Sembra mantenere fede al vecchio adagio dei giorni della merla. Il cielo è di un grigiore uniforme, la terra  chiusa nel gelo, la neve cristallizzata. Si può camminare sul lac de Montesèl corazzato di ghiaccio, intristito e triste. Pare impensabile che basti il fiato tepido della primavera a sciogliere questa dura corazza di gelo.

La temperatura solo qualche grado sotto lo zero, ma la tramontana ha sciolto la sua torma di lupi scatenati che si avventano sull’altopiano delle Angòje e aggrediscono urlando i boschi del Marìc e Mancabròt.  Giungono raffiche improvvise e violente a squassare gli alberi. Il vento scuote i pini esposti delle creste con una violenza forsennata.

Sembrano posseduti da una torma di trolls giunti dalle foreste nordiche. Li guardo spaurito dimenarsi in una danza scomposta nella penombra del primo crepuscolo, gemere e lamentarsi, sfiorarsi, toccarsi, flagellarsi in una ridda frenetica, quasi preludio ad una notte di sabba.

Eppure, di là della cresta, sul versante sud in vista dei paesi della valle, si trova riparo da quella sorda prepotenza in isole di calma irreale, di tepore torpido, dove il vento è un mugghiare alto, lontano.

Si accendono le luci di Ceola tremolanti, limpida la valle dove il vento disperde i fumi dei camini delle case. Gli uccelli e gli animali tacciono al riparo delle oasi che ben conoscono. Pensare ad una casa  che  attende e  proteggerà dal vento della notte  dona un senso di pace infinita.
 
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Ceola dal Maric

Dal Marìc verso S. Floriano


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