I boschi densi e silenziosi sotto una cappa di nubi immobili, che il sole tenta invano di dissipare. Un velo di nebbia impalpabile rende questi luoghi ancor più remoti e sperduti. Sono i territori più lontani della comunità di Giovo qui, dove il confine precipita sui dirupi della parete ovest del Gajer fino all’Adige. Le nebbie salgono e strisciano sul bordo delle rocce che precipitano sopra Salorno e accelerano ribollendo verso l’alto.
All’improvviso un suono lungo, irreale si ripercuote nell’immobilità pigra della
selva. Sembra il suono terrifico di una tromba che prelude al clangore di una
battaglia imminente. S’è ripetuto tre volte, come il suono del corno d’Orlando
morente a Roncisvalle. Un lamento lungo, pieno di disperazione che fa tremare
il cuore.
Nel silenzio denso della paura dell’attesa, il
silenzio è rotto all’improvviso da un rumore di zoccoli. Giunge al galoppo il
rivale in amore chiamato a singolar tenzone. Tra soffi, sbuffi, raspare degli
zoccoli sul terreno si odono distintamente i colpi secchi delle corna che cozzano in una battaglia rituale, ma
gagliarda. E poi la fuga che segna la sconfitta e un forte bramito che s’alza
come un peana di vittoria. Il re della foresta è rimasto solo nell’arena
deserta, stordito dall’odore delle femmine pronte ai riti dell’accoppiamento.
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