Sui prati innevati che scendono verso Baita Gelasi
la neve scricchiola. Nonostante il cielo limpido e il sole, il gelo rinserra
ancora la terra nella sua morsa. La valle del rio Secco è ancora una fessura
buia.
L’Acqua chiocciola roca tra i sassi gelati, increspando appena una limpida pozza che il
ghiaccio tenta di imprigionare. Il gelo esala dall’acqua un fiato freddo, che scolpisce
le rughe della faccia.
Ancora per breve corso, poi le acque del rio si inabisseranno
misteriosamente in chissà quale inghiottitoio. Un tempo non era così. A testimonianza del suo lavoro millenario
sono rimasti i salti di calcare, lisciati come marmo dalla foga dell’acqua che precipitava nelle
forre sopra l’abitato di Cadino. Della passata
irruenza restano i massi di porfido arrotondati, rotolati chissà da dove e abbandonati come in
tutta fretta nelle gole.
Solo dopo piogge copiose il rio risveglia per breve gli scrosci delle
cascate, ma non ha più la forza giovanile di un tempo. Delle piogge autunnali
resta uno stillicidio che col freddo disegna colate di ghiaccio.
Eppure, percorrendo il sentiero attrezzato che dalle
case di Cadino sale attraverso i salti delle gole umide, sorprende a volte un
improvviso rombo d’acque, l’inquietudine o il terrore che il rio si risvegli
all’improvviso, pronto a travolgere ogni cosa.
Ma è solo il rumore del vento che trae suoni
profondi e sibili dalle gole, scuote i cespugli aggrappati ai burroni di
calcare. Da lungo tempo ormai ha preso il nome di Ri Séc.
La ferràta del Rì Séc |
La stretta valle del Rì Séc |
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