Gelido
Natale con nubi sterili che si aggrovigliano in uno stanco cielo cinereo.
Quest’anno la neve visita il sud: il Molise, la Sicilia persino la Sardegna.
Quassù
solo il fiato delle steppe siberiane
gela la terra e il gagliardo soffio della tramontana s’incanala nella
valle e geme tra i tetti delle case. Il termometro sceso nella notte a meno
dieci, non risale sopra lo zero.
Sulle
montagne lontane solo una spolverata di neve, come su un presepio di
cartapesta. E’ il ricordo di stentate nevicate di novembre, che resiste solo
per le fredde temperature. Dalle cime digradano i pendii aridi, le macchie cupe delle abetaie tra il grigio
dei cedui , i prati secchi, duri di gelo.
Ci
pensano i cannoni a sparare neve artificiale sulle piste. Il Natale, come i
turisti con le ferie programmate non possono attendere. Una striscia bianca,
assurda, serpeggia tra il grigio e il secco della terra. Bisogna forzare il
corso della natura: neve artificiale, vacanze artificiali, godimento
artificiale gente artificiale. Fatica nel lavorare, fatica nel godere.
Piste
innevate, orgoglio dei promoter turistici, ma risorse idriche prosciugate dopo
mesi di persistente siccità. Non v’è il
rispetto per i cicli della natura su cui
l’uomo commisurava le sue forze con la vita, le sue risorse alla vita.
Alla
neve artificiale preferisco la spolverata di neve del Mont Alt. Oggi che è
Natale, per quanto mi riguarda Me ne sto
con le quattro capriole di fumo del focolare.*
* Ungaretti
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