Da
un cielo livido, gravido di nubi, cadono larghe falde di neve. Il tenero
fogliame degli alberi è giallo, infreddolito, un vento umido scuote grossi
goccioloni dai rami. Ecco la neve si trasforma nelle ultime raffiche di
pioggia.
Inaspettato
si apre uno squarcio tra le nubi. Per un attimo, come in un tondo
michelangiolesco tinto di lapislazzuli,
mi è parso di scorgere affacciato il padreterno, i capelli scarmigliati, la
barba arruffata e bagnata. Forse appena sveglio, la vescica ancora gonfia,
guardava questo livido sabato di primavera con
corrucciata maestà, indeciso se ripulire una volta per tutte il suo
cielo da questo scorazzare disordinato di nubi.
Allora,
con uno sbuffo annoiato delle gote, ha spinto i cavalloni in castigo ai quattro
angoli del cielo. Ha convocato poi il
vento del nord e ha ordinato con un
gesto distratto di asciugare il suo lenzuolo bianco, buttato attraverso il
cielo.
Così
un’aria tesa ha preso a soffiare sulla terra e il pallido disco del sole si
intravede attraverso il velo opaco d’un lenzuolo umido. La primavera soffre in
silenzio con i primi fiori intirizziti.
***
In
fondo agli orti coltivati, anche il Giorgio "Finanza" si è affacciato alla finestra della
sua baita con la barba arruffata, l’espressione del volto corrucciata. Sta
guardando perplesso le piantine ancora tenere, coperte da un velo di neve, che
sembrano galleggiare su un terreno impregnato d’acqua. Al limitare degli orti fuggono offesi tanti cristi con la croce in spalla.
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