Dove il ventaglio dei vigneti e dei prati convergevano in fondo alla valle,
avevano come un ultimo sussulto: era il Montàt. Lo chiamavamo così per quella
sua forma caratteristica di monticello erboso che lo rendeva inconfondibile.
Digradava con un pendio ripido e uniforme fino a esaurirsi bruscamente nel rio
dei Molini. Era origine, fine, elemento caratterizzante dell’intera valle delle
Bèrte.
Quegli inverni lunghi, che sembravano non finire
mai, il divertimento più grande era la slitta. Quelle slitte fatte con
rimasugli di tavolame di legno. Il Montàt con quella pendenza da brivido,
esercitava da sempre una potente attrazione.
Quando la neve si faceva desiderare (anche allora,
nonostante le leggende, qualche inverno trascorreva avaro e asciutto) le notti
gelide ricoprivano i pendii del Montàt di un consistente strato di brina. Era
solo un’illusione di neve che imbiancava a malapena le zolle d’erba secca. Più
di una volta intestarditi e speranzosi abbiamo inforcato la slitta e provato
una discesa. Ma si sa, la brina non è neve e la delusione rimaneva cocente.
Quando però la neve cadeva abbondante, non tutti
avevano il coraggio di sfidare quella discesa, ripida e veloce. Arrivati in
fondo o si frenava buttandosi dalla slitta o si finiva a capofitto nelle acque
ghiacciate del rio. A casa poi erano botte.
Anche quest’anno, a dicembre il Montàt aspettava
la neve di Natale, e a febbraio spiava nel cielo i segni della primavera e si
preparava ad accogliere l’avanzare del verde
lungo i suoi fianchi erbosi.
Ma sono arrivati i
bulldozer. Il Montàt, il piccolo, inconfondibile monte, è stato brutalmente
demolito. Al suo posto ci saranno strade, svicoli e un’enorme bocca
maleodorante, che ingoierà il traffico.
27/03/03
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